lunedì 5 giugno 2017

LIKE

Wow! E' stata la prima esclamazione che mi è venuta in mente appena terminata a visione del cortometraggio del concordiese Giulio Manicardi. 
Sì perché Like è un piccolo capolavoro, che ha vinto e continua a vincere diversi premi e che credo dia ottimi spunti di riflessione. Non sono una addetta ai lavori (purtroppo) quindi non posso esprimere giudizi troppo tecnici, ma penso che la scenografia accompagni ottimamente i dialoghi dei protagonisti, il contrasto dei colori bianco- nero- rosso che compaiono sullo schermo aumenta la suspense già abbondantemente stimolata dalle musiche di Hanz Zamar; il tocco finale lo danno la voce e i gesti del killer che ipnotizzano e, devo ammetterlo, mi hanno fatto battere il cuore più forte diverse volte.
Posso inoltre dire che Like mi ha fatto tornare in mente un altro film di alcuni anni fa, purtroppo passato inosservato, con Eva Mendez: Live!.
Anche quel titolo era formato da solo quattro lettere ma faceva scaturire tante domande e, almeno a me, anche sensi di colpa, proprio come il film di Manicardi.
In Live! avevamo alcuni partecipanti a un reality show che si sfidavano al gioco della roulette russa rischiando davvero la vita in cambio di una cospicua somma di denaro. Per ogni concorrente veniva creato un video descrivendone la vita, le caratteristiche, i motivi che li avevano spinti a partecipare a un così controverso show e mi ero trovata sconvolta nel constatare che, pur non volendolo, si era creata in me davvero una preferenza tra i concorrenti. Senza rendermene conto stavo anche io scegliendo chi per me doveva vivere o morire.
Ecco, Like ci mette in una posizione simile: un uomo che commette uno dei crimini più orribili viene rapito da un assassino che vuole fare giustizia e saranno gli spettatori che vedono vittima e carceriere in diretta a scegliere se permettergli di vivere o di pagare con la morte per quello che ha fatto, semplicemente cliccando il tasto like dei nostri ormai comuni social.
Cosa dire? Di nuovo mi sono trovata nella situazione di non condividere la violenza, in quanto violenza genera violenza, ma di pensare che in fondo una sorta di giustizia stava facendo il suo corso. Ci si trova davanti al dilemma: inseguire la vendetta che ognuno vorrebbe ottenere anche se in modo incivile, o attendere che giustizia venga fatta rispettando le leggi della nostra società che però spesso ci lascia un pò a bocca aperta?
Ascoltare il cuore o la ragione? Dare sfogo ai più nascosti istinti o trattenere rabbia e disgusto? 
E' giusto diventare giudici solo perché riteniamo che qualcuno abbia commesso un reato?

E ancora: può la vita di un uomo valere così poco da poter essere messa ai voti?

Può lo spazio dei social, che dovrebbe essere dedicato allo svago, diventare luogo di sentenza?

Like dura solo una ventina di minuti ma sono così intensi che vale la pena vederlo. Penso sia un'opera d'esordio ottima che mi fa essere molto curiosa a proposito dei futuri progetti del regista. Dal mio piccolo non posso che incoraggiare le iniziative, soprattutto se ben riuscite come questa dove posso vedere nei titoli di coda nomi di persone che conosco, e sapere che si tratta di persone del mio paese mi riempie di gioia e orgoglio.



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