mercoledì 24 dicembre 2014

La vita di Adele

Il film è finito da poco più di un minuto. Era uno di quelli di cui ho sempre visto la locandina che dicevo di vedere ma poi non mi decidevo. E invece stasera non mi sono nemmeno accorta del tempo che è passato e dei 173 minuti di pellicola. Si viene letteralmente rapiti dagli occhi della fantastica protagonista Adèle Exarchopoulos. La telecamera è costantemente puntata su di lei e sulle sue espressioni. Viviamo quindi le sue esperienze e percepiamo le sue paure, i suoi timori, le sue gioie, la sua passione, il dolore e la rassegnazione. Si viene invasi dal calore che traspare da questo film. Entrambe le protagoniste sono bravissime ma la Exarchopoulos mi ha davvero folgorata. Adele è un personaggio straordinario: interessante e coinvolgente.
Alcune scene sono molto forti e intense, a qualcuno potrebbe risultare quasi esagerato, ma penso che se visto con la giusta ottica e mentalità si possa capire perché non sono state tagliate. La storia è quella di Adele, una ragazza del liceo che adora la letteratura e  che inizia a chiedersi quale sia il suo orientamento sessuale. Dopo l'incontro con Emma, Adele capisce di essere lesbica e le due iniziano una relazione. Emma studia belle arti e sogna di dipingere, Adele invece sogna di diventare una maestra. Le due ragazze sono molto diverse tra loro ma sono innamorate e vivono la loro storia con libertà e intensità. Purtroppo non sempre le cose vanno per il verso giusto, non tutto è sempre facile, e anche loro due si troveranno a dover affrontare i problemi che due persone che si amano potrebbero dover vivere. Perché il film parla soprattutto di questo: amore.
Amore per il proprio lavoro, per il proprio compagno o la propria compagna, per la libertà, anche sessuale. Possono astenersi quelli con mentalità chiuse, ottuse, che pensano che l'omosessualità vada contro la natura umana e compagnia bella.
Qui si parla  e di vede l'amore senza guardare in faccia a nessuno, senza etichette, senza remore. Perché l'amore non si fa tante domande, né problemi. Arriva tra due persone. L'importante è che sia forte, vero e duraturo. Il resto è tutto una stronzata.


lunedì 8 dicembre 2014

INTERSTELLAR

Durante il tragitto verso casa, dopo la visione di "Interstellar" al cinema, mi è venuto in mente l'ultimo verso della Divina Commedia di Dante, "Amor che move il sole e l'altre stelle", che penso possa racchiudere perfettamente il senso del film di Christopher Nolan.
Sì è vero, Hollywood ha rotto un po' le scatole con le storie del "moriremo tutti a meno che uno di noi non diventi un eroe e ci salvi", ma come con i film dei supereoi, almeno uno all'anno ne deve uscire, e se quello che esce è un prodotto come "Interstellar" ben vengano i film di fantascienza.
In realtà la storia si svolge in un futuro non troppo lontano in cui l'umanità sta per essere eliminata da una piaga che affligge l'agricoltura e che ha fatto rimanere come unica risorsa il mais, destinato però anch'esso a sparire. Come in un vero romanzo di Orwell anche i libri di scuola sono stati corretti  per screditare tutte le innovazioni scientifiche del passato e per valorizzare lo studio dell'agricoltura come unica possibilità di sopravvivenza. Dovendo trovare un altro pianeta dove l'uomo possa continuare a vivere, una piccola squadra di scienziati parte con l'astronave Endurance guidati da Cooper (Matthew McConaughey ha decisamente alzato il suo livello, ora capisco perchè non voglia più recitare nel seguito di Magic Mike). Della squadra fa parte anche Amelia Brand, figlia dello scienziato che, tramite un'equazione, cerca da anni una soluzione per poter salvare il mondo. I risvolti qui non posso rivelarli perché rovinerei la sorpresa, ma di colpi di scena ce ne sono parecchi, abbastanza per non sentire il tempo che passa. Tre ore passano in un batter d'occhio, come se anche gli spettatori fossero in uno di quegli spazi temporali del film che avrebbero fatto impazzire Kubrick. A volte un cast troppo "alto" non è garanzia di qualità, in questo film invece tutto è perfetto. E la cosa più bella che ne esce è l'importanza dell'amore e della fiducia, qui lo troviamo tra un padre e sua figlia, che è davvero quello che fa muovere tutto quanto in questo pazzo universo che stiamo distruggendo con le nostre mani. 
Il film tocca anche altre tematiche a me molto care, quali la fragilità umana. Fino a che punto può spingersi l'uomo per sopravvivere? Fino a che punto il nostro egoismo guida le nostre azioni, anche a discapito di altri?
Prima che un film come questo da fantascientifico diventi un documentario, dovremmo provare la sensazione di amare davvero la nostra Terra, e quindi i nostri figli.
Dovremmo provare a far prendere il sopravvento all'amore su tutto il resto.
Questo è l'unico esperimento, anche se il più complicato, che potrebbe salvare l'umanità, più di astronavi, buchi neri o gravità.



mercoledì 29 ottobre 2014

TUTTO PUO' CAMBIARE

Se fino a ieri c'era "C'è posta per te" che utilizzavo come antidoto per quando mi sentivo triste e avevo voglia di stare bene e provare quella sensazione di serenità che ti riempie appieno, da oggi c'è un film in più che posso usare. Sto parlando di "Tutto può cambiare": una piccola perla che apre la stagione invernale italiana di cinema nel migliore dei modi possibili. Non ho mai preso droghe ma penso che il senso sia quello di non pensare, di sballare, essere fuori di sé e sentirsi potenti. Beh, se è così io allora non ho bisogno di droghe per sentirmi in quel modo, mi basta vedere un film come questo. Ho provato una sensazione di adrenalina e poi di commozione, quasi fino alle lacrime, non per qualcosa in particolare ma più per la pienezza della scena che stavo guardando. 
Questo è un film ottimo, delicato come quelli di Sofia Coppola, dalla colonna sonora alla location. Ottimi anche gli attori (ormai è chiaro che io amo pazzamente Mark Ruffalo). 
Perfino Adam Levine mi è piaciuto, nonostante la sua parte rimanga in secondo piano, però ho visto la versione italiana in cui per fortuna hanno tenuto le canzoni in lingua originale inserendo i sottotitoli.
La storia parla di Greta, una cantautrice inglese, che incontra il particolare produttore musicale Dan Mulligan (il meraviglioso Mark Ruffalo) che con lei incide un album "on the streets". Suonano e cantano, insieme a una singolare band, per le strade e sui palazzi di New York facendoci sentire a fondo, anche dalle poltrone della sala cinematografica, il sapore di quella città. La musica, si sa, è vita per l'uomo. E' come un afrodisiaco. Se ci mischiano passione, musica e New York è ovvio che quello che ne deriva è un capolavoro! Appena il film è finito non riuscivo a stare ferma, avevo voglia di ballare, di gridare, non riuscivo a tenere le mani ferme e avevo già in mente le parole che sto scrivendo ora. Poi mentre me le ripetevo tra me e me ho capito che cos'è che stavo provando: era amore.
Mi sono completamente e follemente innamorata di questo film.


lunedì 13 ottobre 2014

VERONICA GUERIN

In questo periodo, fortunatamente, sto passando un sacco di sere sul divano a guardare un film. 
Ieri sera mi sono imbattuta in "Veronica Guerin", film di Joel Schumacher del 2003.
La protagonista è la sempre fantastica Cate Blanchett che interpreta la giornalista del "Sunday Independent" assassinata nel 1996 per il solo motivo di aver svolto il suo mestiere. Io non la conoscevo molto, avevo dodici anni nel '96, ma il film fa venire voglia di saperne di più, e fa arrabbiare. I motivi sono tanti, uno fra tutti il constatare che in quasi vent'anni le cose non sono migliorate ma sono esattamente le stesse.
Con questo non voglio dire che sia inutile lottare, anzi, si deve. Ma è molto triste vedere che anche nel 2014 i giornalisti, che hanno la sola colpa di saper svolgere il proprio lavoro, vivono con la paura di essere rapiti e giustiziati davanti al mondo intero.
O, come Roberto Saviano, ricevano ancora minacce di morte solo per aver scritto qualcosa che può smuovere le acque e aprire gli occhi a qualcuno che non vede, non sente e non parla.
Il nostro Paese, il nostro mondo, è ancora un posto spaventoso per chi non ha paura di denunciarne i crimini.
Spero con tutto il cuore che l'informazione diventi davvero libera, senza vincoli o pericoli. Solo sapere, conoscenza. Ma questo sarebbe sinonimo di intelligenza, e noi purtroppo siamo ancora molto stupidi.


domenica 28 settembre 2014

LUCY

Ho appena letto alcune recensioni di "Lucy", il nuovo film di Luc Besson uscito tre giorni fa nelle nostre sale. Le ho lette non per voler essere influenzata ma per pura curiosità e devo dire che non sono d'accordo con la maggior parte di quelle che ho trovato. Negli articoli che ho letto non viene spesso data credibilità alla storia dal punto di vista scientifico, ma io sfido chiunque a trovare credibilità in qualsiasi film di azione. C'è chi cade da un palazzo e non si fa nulla, chi sopravvive a bombe o a colpi di pistola, chi fa a botte sui cornicioni.. nei film tutti possono fare tutto. Nei film ci possono raccontare qualsiasi cosa. 
Grazie ai film noi possiamo credere in qualsiasi cosa.
Se tu vai a vedere un film d'azione, in questo caso che parla anche di un'eroina con dei poteri,  devi partire sapendo che ti verrà raccontata una storia e che questa storia potrebbe avere un qualcosa di non vero. Io dico che l'eroina Scarlett Johansson e il regista Luc Besson funzionano bene. Funziona bene lei, funziona bene la scena dell'inseguimento in macchina che ti fa sembrare di essere dentro a un video gioco, funzionano le scene con gli effetti speciali che, sebbene non ne vada pazza, qui servivano e sono stati usati bene. A volte mi ha ricordato "2001 Odissea nello spazio" ma questo è comunque un film che segue una sua strada, anche se magari prende spunto da cose già sentite o viste. La trama, infatti, ha delle somiglianze anche con "Limitless", con Bradley Cooper, che mi era piaciuto molto. Mi affascinano i film che parlano di quello che potremmo fare se riuscissimo a sfruttare una percentuale più alta delle capacità del nostro cervello. C'è chi dice che è una leggenda ma io invece ci credo.
Quindi la storia di Lucy, una ragazza che ottiene la capacità di raggiungere pian piano il 100% delle funzioni della sua mente, mi affascina.
Lucy è una studentessa che, per un qualche gioco del destino, si ritrova obbligata a fare da corriere della droga per un gruppo di delinquenti giapponesi. La droga che le viene inserita all'interno del corpo, però, a seguito di un pestaggio, fuoriesce e Lucy si ritrova con il potere di poter sfruttare maggiormente le funzioni del suo cervello. Grazie a questa "droga" inizia a controllare meglio il suo corpo, a sentire e percepire tutti i suoni e gli esseri viventi del mondo, ad avere accesso ad ogni suo ricordo. Inizierà ad avere controllo completo anche delle altre persone e degli oggetti. Cercherà vendetta verso quelli che l'hanno resa così ma, soprattutto, cercherà aiuto per capire cosa fare con la sua nuova intelligenza. Insieme al Professor Samuel Norman, interpretato da Morgan Freeman, cercherà infatti di capire qual è la parte più importante dell'intelligenza umana, a cosa serva su questo mondo, a cosa porterebbe e a quali sarebbero gli effetti di una conoscenza così grande, cosa fare per tramandarla. 
Non è però forse meglio godersi a pieno la nostra vita, il nostro tempo, sfruttando al massimo quello che abbiamo, piuttosto che essere avidi di sapere e di potere che ci porteranno magari con il non avere niente o, al peggio, alla nostra lenta distruzione?
Non so se è quello che voleva dire Besson, ma io la domanda me la sono posta.


sabato 27 settembre 2014

Un ragazzo d'oro

In effetti potevo anche fare due più due prima di andare a vedere questo film.
Se non ti piace l'attore principale e non ti piace nemmeno la coprotagonista qualche segnale ti era stato dato! Ho però voluto dare più importanza al regista.
Pupi Avati mi piace, le sue storie sono sempre dolci e nostalgiche e credevo, quindi, di trovare un film, se non ottimo per quanto riguarda la recitazione, commovente e raffinato. In realtà mi devo forse mettere in testa che non è che se un regista ha fatto due film che ti sono piaciuti tanto ("Ma quando arrivano le ragazze?" e "Il cuore altrove") allora diventa infallibile. Con "Un ragazzo d'oro" secondo me Avati ha voluto creare personaggi complicati, interessanti forse, rendendoli però solo confusi perche' la storia non viene spiegata come si deve. Restano troppi dubbi e situazioni lasciate a metà che invece dovevano essere approfondite per poter generare curiosità.
La storia parla di Davide, un ragazzo che lavora in un'agenzia di pubblicità ma che sogna di fare lo scrittore. La sua vita cambia quando suo padre, che non vede da anni e con il quale ha sempre avuto un rapporto orribile, muore in un incidente stradale. Davide è quindi costretto a tornare a Roma, da sua madre, dove inizia a conoscere più da vicino il mondo di suo papà, sceneggiatore di film comici molto famoso, e cercherà addirittura di farlo conoscere al mondo sotto un altro aspetto, diverso da quello con cui era arrivato al successo.
Davide viene, però, a poco a poco risucchiato dalla sua stessa curiosità e passione sfociando perfino nel delirio.
Da qui non viene più chiarito nulla: ci sono solo sospiri, pause e musica malinconica.
Sono rimasta insomma un po' delusa e, sarò ripetitiva, ma il doppiaggio degli attori stranieri non si fa! Sharon Stone risulta solo ridicola. Potevano benissimo scegliere Jane Alexander al suo posto, e non farle fare la doppiatrice.. sarebbe risultata meno finta. Secondo me non c'era bisogno di contattare una diva oltre oceano che comunque non è riuscita a dare quel qualcosa in più al film che forse le era stato chiesto, ma di cui sicuramente c'era bisogno.



giovedì 18 settembre 2014

Across the universe

Per chi ama i Beatles, la musica, per chi ama essere trasportati in un mondo fantastico solo grazie a un film, "Across the universe" è perfetto!
Tutti gli attori sono eccezionali nell'interpretare e cantare le canzoni di questo "musical", riarrangiate da Elliot Goldenthal, Jim Sturgess per primo, che con il suo sorriso e la sua voce mi convincono sempre (mi piacciono molto le sue scelte cinematografiche).
Il film è come una rivisitazione di 33 canzoni del famoso gruppo di Liverpool, da "Let it be" a "Come together", da "Revolution", "Hey Jude" a "All you need is love", e i personaggi hanno tutti nomi che compaiono nei testi dei Beatles.
Ma non sono solo queste le cose che la pellicola e il quartetto hanno in comune: per chi li conosce davvero sarà bello riconoscere alcuni particolari o alcune storie a loro legate.
La storia del film parla di Jude, un giovane di Liverpool che parte per l'America per ritrovare suo padre e qui conoscerà un gruppo di amici tra cui Max e Lucy, con la quale avrà una storia d'amore. Il tutto tra canzoni, balli, scene psichedeliche e sullo sfondo il racconto della guerra in Vietnam, della morte di Martin Luther King, della ribellione dei giovani pacifisti.
Il film ha uno stile che assomiglia a quello di Baz Luhrmann, l'ho davvero adorato!
Fanno la sua comparsa anche il nostro Bono, Joe Cocker e Salma Hayek e non mancano personaggi che sembrano voler ricordare mostri sacri della musica dell'epoca come Jimi Hendrix e Janis Joplin.
Siccome è stato un buon film mi ha lasciata con la voglia di documentarmi per conoscere meglio la storia dei Beatles, ma non solo, anche di quel periodo storico che è stato forse uno di quelli più intensi della storia contemporanea, musicalmente e culturalmente.
Ho letto su Internet che la regista è Julie Taymor, direttrice di diversi musical a Broadway e che, per quanto riguarda il cinema, ha girato "Frida". Una donna quindi non estranea all'arte in tutte le sue forme che ci ha davvero regalato un film visionario: un insieme di allucinazioni che insieme funzionano alla perfezione.





sabato 13 settembre 2014

Dire la propria opinione


E’ ormai abitudine per i comici, o gli attori italiani, fare film che parlano dei problemi seri dell’Italia, soprattutto politici, passandoceli per commedie.
Sia chiaro che non sto dicendo che sono contraria a questo metodo, anzi! D’altronde anche Charlie Chaplin aveva dovuto inventarsi un modo per parlare al mondo della pazzia che stava avvelenando l’umanità ai tempi di Hitler, e ci ha regalato un capolavoro: “Il grande dittatore”. Ci ha regalato uno di quei discorsi che dovrebbero far imparare nelle scuole a memoria.
E nel loro piccolo anche i nostri attori e personaggi dello spettacolo si stanno mettendo a nudo e si prendono sempre più spesso un piccolo spazio nelle pellicole per parlare con noi italiani, quasi faccia a faccia, cercando di risvegliarci. Ho appena finito di guardare “Benvenuto presidente!” di  Riccardo Milani, con Claudio Bisio e Kasia Smutniak, in cui un improbabile presidente della Repubblica salva la situazione italiana e “pulisce” il parlamento semplicemente comportandosi correttamente.
Alla fine il discorso indirizzato a noi in questo film è di Bisio che ci ricorda che tutti siamo responsabili di ciò che siamo diventati e che per pretendere un buon futuro e correttezza dobbiamo essere prima di tutto noi buoni cittadini e dare il buon esempio.
Mi è piaciuto molto perché fa davvero capire che non sono le cose più macchinose o lunghe e complicate che funzionano ma quelle chiare, precise, semplici.
Settimane fa avevo visto “Smetto quando voglio” di Sidney Sibilia, di cui avevo già scritto qualche riga: geniale commedia sul lavoro precario.
Quest’estate invece ero rimasta molto colpita da “La mafia uccide solo d’estate” di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, con lui e Cristiana Capotondi. Lei continua a non essere la mia attrice preferita ma devo dire che loro due insieme funzionano bene.
La commedia, se così la vogliamo chiamare, è una piccola perla che Pif ci ha voluto donare. E’ uno spiraglio di luce, una ventata di speranza che ci fa capire, con una sempre perfetta e equilibrata dose di humor e ironia, quanto abbiamo bisogno di conoscere la nostra storia affinché non si commettano più gli errori del passato. Consiglio a tutti di guardare questi tre film, anzi, viste le notizie ai telegiornali di questi giorni, io farei passare in tutte le televisioni anche “Il grande dittatore” di Chaplin.
Se è questo il modo di raggiungere il maggior numero di persone in un modo innocuo e indolore ben venga! Al massimo avrete perso due ore della vostra vita a guardare un film (che non è mai tempo perso a mio parere), ma se avete la fortuna che si accenda qualcosa dentro di voi, vi sentirete in grado di cambiare il mondo.





martedì 12 agosto 2014

Goooood bye Robin!

Sempre più spesso sentiamo per tv o alla radio notizie come quella di oggi.
Gente famosa, conosciuta in tutto il mondo, che apparentemente ha tutto quello che la maggior parte della persone possono solo sognare di avere ma che butta tutto via per problemi di alcolismo, droga, depressione. Sembra incredibile, ma succede.
Sembra assurdo, ma è così. 
Questa mattina la notizia di uno degli attori più conosciuti al mondo: Robin Williams.
Non il mio preferito, non uno di quelli che ho sempre seguito, non ho visto tutti i suoi film e, sinceramente, in alcune interviste non mi piaceva molto quando esagerava con le imitazioni. Ma è stato l'interprete di uno dei miei film preferiti: "L'attimo fuggente".
Uno di quei film che ti entra dentro e non ti lascia più, uno di quei film che rivedi all'infinito e non ti stanchi mai. Uno di quelli che ti fa chiudere gli occhi perche' ti fa sognare intensamente. Probabilmente senza di lui non sarebbe stato lo stesso film, non sarebbe stato così forte. La "setta dei poeti estinti" non ha più la sua guida. 
Quando muore un attore famoso mi dispiace immensamente per due motivi: personalmente ovviamente per la sua famiglia e le persone che gli erano vicine, e cinematograficamente per tutto quello che poteva ancora fare.
Un attore come lui ci ha dato prova di essere capace di farci ridere e piangere, poteva fare qualsiasi cosa. Penso che ci avrebbe regalato altri personaggi speciali e indimenticabili.
Non doveva finire così, non deve mai finire così, con dei fiori e delle foto sulla stella che porta il tuo nome, con Internet che già dopo poche ore racconta la tua vita. 
Adesso faranno vedere in tv i film con lui protagonista.. ormai è routine. 
Anche stavolta è andata così. E non mi piace.
Stavolta, salendo sui banchi, salutiamo un attore che è stato davvero un Capitano.






venerdì 8 agosto 2014

Smetto quando voglio

Guardare questo film è come ascoltare la migliore satira sull'Italia, o sul mondo, degli ultimi anni. Sydney Sibilia dirige per noi una commedia in cui parla di come a volte le soluzioni più banali, o che sembrano insensate, siano quelle che in realtà ci potrebbero risolvere la maggior parte dei nostri problemi. Peccato che spesso siano strade che non si possono percorrere perche' andrebbero contro il valore etico e i principi con i quali ci hanno cresciuti. Ma come si fa quando davvero i soldi per vivere quella "vita dignitosa" che qualcuno ci aveva promesso mancano? Ci si reiventa, ok, ma se il mercato o il mondo del lavoro non te lo permettono? Ci costringono a stare fermi su qualcosa che non ci piace, ci offrono contratti assurdi come se ci stessero facendo il maggior favore del mondo. Ci sentiamo dire che il lavoro fisso è noioso quando è l'unica cosa che ti chiedono quando vuoi aprire un mutuo. Ci viene chiesto di essere bravi e onesti cittadini e poi vediamo scene vergognose proprio nelle aule che dovrebbero essere le più illustri (in questi giorni anche quelle universitarie). Uno studia recitazione da anni e non succede mai niente, poi esce uno dal "Grande Fratello" e inizia la sua carriera recitando in un film di Ozpetek! (Che poi Argentero mi piace ed è pure bravo, ma questa è un'altra storia). Il lavoro, legale, più pagato? Quello del calciatore. 
Questo film racconta quello che succede a Pietro, trentasettenne di Roma, ricercatore universitario di neurobiologia. Non potendo più tirare avanti senza i finanziamenti per una sua importante ricerca decide di sfruttare le sue capacità per formare "una banda" di altri laureati che, come lui, svolgono mansioni umili e sottopagate che non c'entrano nulla con il loro percorso di studi. Il loro obiettivo è quello di creare e spacciare una nuova droga, non ancora illegale, per guadagnare un po' di soldi.
Insomma solo mettendo una mano sulla spalla dell'illegalità si riesce a vivere una vita come si deve, forse non del tutto a posto con la propria coscienza, ma almeno senza debiti. Geniali alcune scene come quella della rapina in farmacia, forse un po' esagerate alcune con dialoghi tra loro laureati, ma una storia raccontata sempre a pieno ritmo. Divertente, intelligente e realistica. Fantastico Libero de Rienzo, IO LO ADORO! 
E non è da sottovalutare nemmeno Edoardo Leo che, cinematograficamente parlando, inizia a interessarmi sempre di più. 
E' bello quando intravedi il futuro del cinema italiano, forse finalmente lontano dalle "vacanze" che hanno (non so come) riempito le sale cinematografiche per tanto tempo, e lo vedi divertente ma che porta anche un messaggio importante.
Perchè "Smetto quando voglio" è davvero come la satira. Ti viene da ridere, e tanto, ma finiti i titoli di coda ci ripensi e ti chiedi inevitabilmente: "ma cosa ridi? non c'è proprio niente da ridere".


mercoledì 16 luglio 2014

Tempi di attesa...

Per me i giorni di ferie che passo in vacanza al mare iniziano con la lettura del quotidiano "La Repubblica". Dopo colazione niente di meglio che starmene al sole e sembrare un'intellettuale leggendo un giornale.. :-)
Sul numero uscito il 6 luglio di quest'anno ho letto un articolo che parlava di acquisti on line, in particolar modo di acquisti di libri sul sito di "Amazon".
Un trafiletto in basso diceva che l'obiettivo del colosso digitale per il 2018 è quello di arrivare ad effettuare le consegne, tramite dei droni, entro trenta minuti.
Mi è venuta la pelle d'oca.
Per carità, non sono contraria alla tecnologia, anzi, penso sia fondamentale per farci vivere più comodamente e meglio. Ma in questo modo dove va a finire la trepidante attesa che ci fa desiderare qualcosa ancora di più?
In mezz'ora potrei avere quello che voglio?
Il mondo del "tutto e subito" non mi piace, non fa per me. E tutta quella storia della volpe e del piccolo principe che abbiamo letto? Forse non c'è più nessuno che legge quel libro.. forse non ci sarà più nessuno che ricorda com'era arrivare alla libreria del paese quando avevi deciso di comprare un libro, entrare e chiedere tutta contenta il volume per sentirsi dire: "no, non ce l'ho qui..." - Paura, panico, delusione - "..se vuoi te lo mando a prendere ma serviranno circa quattro giorni". Ok, così va bene. Tutto torna perfetto. Lo prenoti, esci e semplicemente aspetti. Pensi già a come sarà, ti chiedi se ti farà ridere o piangere, come lo avranno fatto finire.
Il quarto giorno sarà sicuramente un giovedì quindi dovrai aspettare un giorno in più. E il giorno dopo ti catapulti fuori dall'ufficio, arrivi in libreria, lo prendi in mano e sfogli un secondo le pagine.. come se dovesse sprigionare chissà che cosa.
Ovviamente inizi a leggerlo subito, in macchina, per poi fermarti dopo due o tre pagine  perche' lo devi leggere comodamente. Quindi torni a casa e ti butti sul divano e divori le prime cento pagine prima di cena.
Mi piace aspettare anche per l'uscita di un film.. gli ultimi giorni sono davvero un dolce supplizio e assapori al 100% il momento in cui si spengono le luci.
A me batte ancora il cuore più forte per queste cose e non saprò come spiegare ai miei figli queste sensazioni se per loro, invece, il massimo dell'attesa sarà come quella di una partita a Candy Crush.
La tecnologia aiuta ma dovremmo usarla più in campo scientifico e medico, non per rovinare le cose belle che le nostre passioni ci fanno sentire.

lunedì 23 giugno 2014

Non buttiamoci giù

Sarà perche' sono partita da "Alta fedeltà", uno dei suoi romanzi più conosciuti, ma da questo secondo libro di Nick Hornby che leggo nella mia vita mi aspettavo di più.
La trama mi aveva incuriosita tanto e, dopo aver scoperto questo scrittore, credevo di andare sul sicuro. Il racconto, infatti, mi piace: leggere la storia dal punto di vista dei vari personaggi, il fatto di darsi una seconda possibilità, di cercare di capire che la vita davvero non è banale e che bisogna solo aspettare. Prima o poi arriva quel momento che davvero ci sorprende, non bisogna buttare via tutto, dobbiamo tenere duro.
A volte ci vengono dati aiuti concreti, altre volte un po' bizzarri, come il gruppo di aspiranti suicidi di questo libro.
Quattro persone che non si conoscono decidono di farla finita e di buttarsi, la notte di Capodanno, dal tetto di un edificio chiamato "La casa dei suicidi". Trovandosi, però, nella stessa situazione e nello stesso momento tutti e quattro, Jess, Maureen, Martin e J.J. decidono di passare un po' di tempo insieme e valutare a menti lucide come intenderanno procedere con la loro drastica decisione. 
Hornby non ha toccato questo argomento con superficialità, anzi, ha dosato perfettamente umorismo e saggezza in tutti i punti del libro, ma la narrazione, più simile al linguaggio parlato che scritto, mi è risultata pesante da sostenere certe volte.
Soprattutto nelle parti volgari e provocatorie di Jess ho sperato spesso di terminare presto il romanzo.
Quest'anno è anche uscito il film, diretto da Pascal Chaumeil, ma stavo leggendo il romanzo e non sono andata a vederlo. Sono curiosa di vedere questi quattro "pazzi" riportati sul grande schermo, magari dovendo concentrare tutto in un paio d'ore la storia risulterà più dinamica, anche se ho letto alcune recensioni e sono piuttosto negative.
Lo guarderò per poter dare un mio parere.

domenica 4 maggio 2014

Tutta colpa di Freud

Il trailer mi aveva invogliato a vedere il film, così sono andata con la sicurezza di vedere una commedia italiana: non mi aspettavo di assistere a un film che mi avrebbe cambiato la vita ma nemmeno una sciocchezza data la presenza di Marco Giallini e Vittoria Puccini. Senza barriere mentali, quindi, mi sono lasciata invadere dalla dolcezza di questo film, soprattutto dalla storia in cui proprio la Puccini è protagonista. E una volta arrivata in auto ho dovuto lasciar sfogare  tutta la commozione che mi aveva fatto provare l'amore di cui si parla sullo schermo. Francesco (Marco Giallini) è il papà di tre ragazze che cresce da solo: Emma, Lisa e Marta. La prima si innamora di un uomo di trentadue anni più grande di lei, Lisa è una lesbica che, in seguito all'ennesima delusione d'amore, decide di diventare eterosessuale e Marta è proprietaria di un negozio di libri e si invaghisce proprio del ragazzo che da qualche tempo ruba alcuni volumi dal negozio. Tutte e tre hanno un rapporto aperto e bellissimo con il padre, analista, il quale ha anch'egli un interesse per una donna interpretata da Claudia Gerini. 
Il film è davvero emozionante, in alcuni punti. E' una piccola perla da tenere sulla mensola di casa appena arriverà in dvd per poter di  nuovo ridere per quasi due ore, per poi diventare tutto in un momento inguaribili romantici.

martedì 8 aprile 2014

Monument's men

E' inusuale associare alla parola "guerra" le parole bellezza, cultura, amore, rispetto, eppure con questo film è proprio quello che succede. Ho sentito molti pareri contrastanti su "Monument's men" ma più che altro erano lamentele sulla lentezza della storia.
Io non trovo che il film si stato lento, semplicemente non ci sono state battaglie o fiumi di sangue. Abbiamo visto finalmente un film di guerra che non si focalizza sulla violenza, sugli scontri armati, sulla morte delle persone. Tutto questo si intravedeva, faceva da sfondo, ma tutto era concentrato sulla bellezza dell'arte e della sua importanza. Il film, infatti, viene spiegato in una sola semplice frase dello studioso d'arte Frank Stokes, George Clooney: "puoi uccidere un intero popolo, ma se distruggi la sua cultura sarà come se non fosse mai esistito".
Ed è questo che ci fa capire l'importanza di conservare e preservare libri, quadri, monumenti. Dobbiamo smetterla di pensare che con la cultura non si mangia. 
Con la cultura si respira!
Non possiamo fare finta di niente mentre quello che ci ha preceduti non viene considerato più importante di un tweet.
La cultura è essenziale e alcuni uomini hanno dato la loro vita affinchè questa fosse salvata. Non avevo mai pensato a questo fatto e nemmeno conoscevo la storia di questo gruppo di eroi, il cui modo di convocazione mi ha ricordato molto un altro gruppo di outsider capitanati sempre da Clooney: gli Ocean's eleven.
Gli attori della squadra sono tutti perfetti per il ruolo, compreso Jean Duj
ardin. Per fortuna è stato girato "The Artist" e ora Hollywood e tutto il mondo si sono accorti di questo attore straordinario!
Il film, quindi, commuove e fa pensare. Durante la storia si capisce bene il disegno malato di uno psicopatico che per fortuna, nonostante si credesse un Dio, era solo un uomo ed è stato fermato. Per fortuna chi ama la cultura ha il dono dell'intelligenza e l'intelligenza porta a fare la cosa giusta.

mercoledì 19 febbraio 2014

FROZEN

Sono appena tornata dal cinema dove sono andata a vedere "Frozen" in lingua originale. Quando era appena uscito nelle sale non pensavo sarei andata a vederlo, stasera l'ho fatto più che altro per la versione in inglese..avrei dovuto capirlo, quindi, che sarebbe stato meraviglioso! Dalla storia, ai personaggi, alle canzoni, agli effetti speciali. Le lezioni di vita della Disney sono sempre qualcosa di intramontabile, come l'impermeabile di Humphrey Bogart, come la gonna di Marilyn che si alza al passaggio della metro, come un ballo di Fred Astaire e Ginger Rogers, come vedere Audrey che fa colazione davanti a Tiffany, come Patrick Swayze che dice "Nessuno può mettere Baby in un angolo". 
Sono quelle storie che ti fanno sorridere, ti entrano in testa, ti riempiono. Ad un tratto ti sembra di essere riuscito a decifrare un'enigma che ti affliggeva da sempre, ti si apre un mondo nuovo. Come se fino ad ora tu avessi sempre e solo faticato ma ora hai raggiunto la piena consapevolezza di te. Nelle fiabe di Walt Disney c'è la magia, c'è l'amore, l'amicizia, la forza, la bellezza. Tutto quello che ci riempie il cuore, la vita. E con il cuore colmo di dolcezza scrivo che questo cartone è stato uno dei più bei regali che io mi sia fatta dall'inizio di quest'anno. Tra l'altro non ho smesso un attimo di ridere, e mi ci voleva!Tutti quelli che hanno un fratello o una sorella dovrebbero vederlo.. io alla mia ho già scritto! 

sabato 18 gennaio 2014

The Counselor

Sinceramente non so assolutamente cosa dire del nuovo film di Ridley Scott. Se dico qualcosa di brutto poi magari c'è qualcuno che potrebbe chiedersi chi sono io per criticare il regista di "Thelma & Louise", "Alien", "Un'ottima annata", "Il gladiatore", etc...
Se però dico qualcosa di positivo io stessa mi chiederei se ci credo veramente. Mi chiedo anche se le recensioni in cui leggo che è un bel film siano state scritte da persone che pensano sia così solo perche' è, appunto, di Ridley Scott. Come se tutte le borse o gli abiti di Armani o di Prada fossero belle solo perche' c'è una bella firma. Io ammetto che mi aspettavo di più. Ho seguito attentamente il film, ma per tutta la sua durata ho aspettato che mi venisse data la possibilità di congiungere tutti i personaggi, di capire il nesso tra tutte le scene, ma sono arrivata ai titoli di coda e una spiegazione vera e propria non l'ho avuta. O forse ho dei limiti io e in questo film proprio non ci ho visto un qualcosa che somiglia a una trama e che di solito in un film è molto importante..
Sicuramente ci hanno fatto capire molto bene come funzionano i cartelli, com'è il mondo in quelle zone del Messico (che tra l'altro avevo già visto in una bellissima serie tv che si chiama "The bridge" con Diane Kruger e Demiàn Bichir), la loro crudeltà, la cattiveria tra cui si vive o almeno si cerca di farlo. Questo sì, il film ne ha reso molto bene l'idea. Ottimi tra l'altro Michael Fassbeneder, che penso dia sempre quel qualcosa in più a un film, una cosa che non vedi ma che diventa essenziale, e Cameron Diaz. Abbandonate l'idea della vecchia Mary.. qui è una famelica donna che ci regala una scena  talmente "particolare" che si rischia quasi che il film venga ricordato per la sua esibizione. Un po' come quando si parla di "Harry ti presento Sally" e la gente chiede: "quale, quello dove lei ha un orgasmo al tavolo?".
Ho letto proprio ieri che Cameron Diaz ha dovuto doppiarsi una seconda volta perche' aveva recitato con un accento errato non adatto al suo personaggio, fatto che da noi in Italia non avrebbe mai potuto essere scoperto dato che siamo ancora troppo ottusi per capire che i film vanno visti in lingua originale. Probabilmente la visione in versione originale avrebbe dato un senso maggiore al film. Magari le facce degli spettatori che sono usciti con me dal cinema giovedì sera sarebbero state le stesse, ma almeno avremmo colto molte più sfumature che in un film non completamente riuscito sono essenziali. 

sabato 4 gennaio 2014

I sogni segreti di Walter Mitty

Ci sono alcuni film che appena vengono nominati ti fanno sorridere perché li ricordi con dolcezza. Mi succede sempre, ad esempio, con "Lost in Translation", con "Last night" o con "Elisabethtown". Credo che d'ora in poi questa cosa succederà anche con "I sogni segreti di Walter Mitty, l'ultimo film di Ben Stiller che interpreta anche il protagonista, Walter Mitty appunto. Mitty lavora come editor fotografico all'interno della rivista "Life". Il giornale, come spesso accade al giorno d'oggi, viene acquisito da un più potente e freddo gruppo che ovviamente perde di vista i valori di fondo e le basi morali su cui si fondava tutto il lavoro di Life. Per un caso, fortuito o no, Walter si ritrova per la prima volta in vita sua a essere il protagonista di uno di quei luoghi a cui ha sempre dato vita tramite lo sviluppo di rullini e compie una vera e propria avventura cercando di recuperare un negativo che sembra misteriosamente scomparso. Sarà stata la vicinanza al Natale, non so, ma anche se di film che parlano dell'importanza di fare quello che vogliamo, di prendere delle decisioni coraggiose senza paura, ce ne sono già stati tanti, mi ha fatto piacere sentirmelo ripetere anche da Ben Stiller. Mitty è un personaggio che sogna spesso a occhi aperti (e in questo mi ci ritrovo appieno!) e che molte volte si estranea finendo in un mondo tutto suo. Poi finalmente, però, prende la sua vita tra le mani e ne diventa regista, non solo spettatore. Comincia ad avere fiducia e parte per un'avventura: chi se ne frega se fa paura, chi se ne frega se non si fa, se non è convenzionale. Nei sogni una persona può essere quello che vuole, non ci sono difetti, i problemi si risolvono con facilità, tutto va come abbiamo sempre voluto. E non fa male se qualcuno ogni tanto ci ricorda che a volte i sogni si possono avverare e che non bisogna mai smettere di credere in sè stessi. Se poi chi ci dice o ci fa capire questa cose è un attore che non può far altro che piacerti e che ti porta in luoghi meravigliosi, non puoi fare altro che crederci davvero. Leggo su Internet che si pensa di realizzare un secondo Walter Mitty dal 1994 (il primo era del 1947) e si leggono almeno una trentina di nomi diversi tra chi doveva fare il protagonista, chi il regista, quale doveva essere la casa produttrice. Alla fine è arrivato Ben Stiller che, proprio come Mitty, ha preso in mano la situazione e ha creato questo film. Ben vengano i vent'anni di attesa!